Nel nostro precedente contributo, ci si è occupati dell’istituto dell’Amministrazione di Sostegno, analizzando il forte impatto che un tale strumento ha avuto nell’ambito della tutela dei soggetti bisognosi. In particolare, attraverso la Legge n. 6/2004, il legislatore ha introdotto, senza sostituire i precedenti strumenti dell’interdizione e dell’inabilitazione, una nuova forma di tutela, focalizzata sulla protezione degli interessi del soggetto beneficiario, idonea a garantire l’elasticità e la flessibilità necessarie ad assicurare la massima esplicazione di tale finalità.
In questo quadro generale, l’istituto dell’amministrazione di sostegno ha rivestito un ruolo di peculiare rilievo nella valorizzazione delle cd. Disposizioni Anticipate di Trattamento (D.A.T.), atti nei quali il soggetto manifesta le proprie volontà in relazione alle conseguenze di una malattia, attuale o futura, che conduca a determinate conseguenze, in prospettiva di trovarsi nelle condizioni di non poter compiere tali scelte al momento necessario, per sopravvenuta incapacità di intendere e volere.
Prima
di analizzare il ruolo centrale dell’amministrazione di sostegno
nell’ambito del cd. testamento biologico, occorre
una breve premessa di inquadramento della questione.
Le disposizioni in ordine ai trattamenti sanitari sono libere, consapevoli e disponibili, rinvenendosi negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione, nonché negli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il diritto di ogni individuo all’autodeterminazione terapeutica. In particolare, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato del soggetto destinatario, ad eccezione dei casi previsti dalla legge. Questi ultimi devono consistere, in ogni caso, in trattamenti obbligatori espressamente e tassativamente previsti, nell’interesse della salute del beneficiario o della collettività e non possono mai travalicare i limiti della dignità umana (art. 1 l. 219/2017).
Prima dell’intervento della norma di riforma, giurisprudenza e dottrina si sono divise in merito alla possibilità per il malato di rifiutare trattamenti terapeutici salvifici, in assenza dei quali lo stesso sarebbe andato incontro al fine vita.
Taluno,
invero, sosteneva che il diritto a rifiutare le cure non potesse
spingersi sino al rifiuto di trattamenti salvifici, in quanto la
disponibilità del diritto alla salute e del diritto a curarsi non
poteva trasformarsi in diritto a “lasciarsi morire”.
Pertanto, la disponibilità del consenso alle cure mediche, secondo
tale orientamento, rinveniva un limite nel diritto alla vita, diritto
fondamentale ed indisponibile. Secondo altri, al contrario, il limite
della dignità umana fissato dall’art. 32 Cost. avrebbe dovuto
interpretarsi nel senso di garantire a ciascuno il diritto di
condurre un’esistenza libera e dignitosa, il che comprenderebbe al
suo interno il diritto di rifiutare cure mediche salvifiche, che
tuttavia garantiscono il mero sostentamento e la mera permanenza in
vita in condizioni da non tutti accettate come dignitose.
Nella risoluzione del dibattito, un ruolo fondamentale è stato svolto dalla giurisprudenza e dal legislatore in seguito, il quale ha per gran parte recepito l’orientamento già delineatosi in seno alla prima.
In particolare, nei casi Welby ed Englaro, la giurisprudenza è giunta ad ammettere la possibilità per il malato di esprimere un “dissenso informato”, ossia il rifiuto alle cure mediche anche laddove quest’ultimo conduca al fine vita. Il dissenso espresso nei confronti di trattamenti salvifici, tuttavia, non deve essere confuso con l’eutanasia, tutt’oggi vietata dall’ordinamento.
Nel caso Englaro, nella specie, la giurisprudenza si è dovuta confrontare con l’ulteriore problema della capacità dei rappresentanti del soggetto incapace di esprimere, nell’interesse di quest’ultimo, il consenso o il dissenso alle cure mediche, a fronte dell’incapacità da parte dello stesso di provvedere in tal senso. In particolare, ci si è chiesti se il beneficiario di amministrazione di sostegno possa essere sostituito dall’amministratore nelle scelte che risultino espressione di “atti personalissimi”, tra i quali ritenere inclusi anche gli atti di assenso o dissenso rispetto alle cure mediche. L’orientamento costante nella dottrina e nella giurisprudenza afferma, invero, che tali atti, essendo riconducibili alla sfera più intima ed individuale dell’uomo, non sono suscettibili di rappresentanza. Sicché, l’amministratore di sostegno non potrebbe sostituirsi al beneficiario, incapace di intendere e volere, nell’esprimere determinate scelte il luogo di quest’ultimo.
Tuttavia,
tale presa di posizione con riguardo a taluni diritti fondamentali
della persona, se, da un lato, tutela il beneficiario da illegittime
intrusioni nella propria sfera più intima, dall’altro, non
ammettendosi rappresentanza, finisce per limitare la stessa capacità
giuridica dell’individuo, rendendo di fatto taluni diritti non
esercitabili, pur rivestendo gli stessi primaria rilevanza.
Per
tale ragione, la Cassazione, nel richiamato caso Englaro
(Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748), ha introdotto una distinzione
tra rappresentanza come sostituzione del soggetto incapace e
rappresentanza come espressione della volontà del soggetto stesso.
Il rappresentante, pertanto, dovrebbe costituire un nuncius
delle volontà del rappresentato, esprimendo determinate scelte
mediante “la funzionalizzazione del potere di rappresentanza,
dovendo esso essere orientato alla tutela del diritto alla vita del
rappresentato”. La Cassazione procede, poi, ad una rigorosa
individuazione dei presupposti in presenza dei quali il
rappresentante può esprimere, ed il giudice accogliere, determinate
scelte.
L’orientamento si qui illustrato della Corte di legittimità risulta, ad oggi, recepito dal legislatore, intervenuto sul tema con la Legge 219/2017.
In
primo luogo, all’art. 1 commi 5 e 6, la norma dispone che “Ogni
persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o
in parte […] qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento
sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti
del trattamento stesso […]. Ai fini della presente legge,
sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e
l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su
prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici.
Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti
sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al
paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze
di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione
di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di
assistenza psicologica. […]. Il medico è tenuto a rispettare
la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento
sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò,
è esente da responsabilità civile o penale”. Il
legislatore, ha pertanto, fatto proprio l’orientamento secondo cui
il dissenso informato può includere anche il rifiuto di cure
salvifiche.
Inoltre,
quanto al ruolo ricoperto dall’amministratore di sostegno,
la norma ha previsto che “Nel caso in cui sia stato
nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda
l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito
sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche
dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo
conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di
capacità di intendere e di volere” (art. 3 co. 4).
Infine, l’ulteriore passo avanti compiuto dalla novella attiene alla possibilità per soggetto di disporre, ora per allora, in previsione di una futura, eventuale incapacità di autodeterminarsi, in ordine alle proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, attraverso le D.A.T. Queste ultime, in particolare, prevedono la nomina di un fiduciario, un soggetto incaricato di far valere i rispettare le scelte compiute dal soggetto quando ancora capace di intendere e volere, le quali risultano vincolanti per il medico, ad eccezione dei casi espressamente previsti.
Per ulteriori approfondimenti sul tema è possibile consultare sul sito la pagina dedicata all’istituto dell’Amministrazione di Sostegno e quella sulla tutela del beneficiario.