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Genitore pubblica on line le foto del figlio

Cosa succede al genitore che pubblica on line le foto del figlio

Cosa accade al genitore che pubblica online le foto del figlio minorenne?
Postare sul web le fotografie dei propri figli ritratti nelle normali attività di vita quotidiana è comportamento ormai diffuso tra i “genitori dell’era digitale”.

L’opinione pubblica si sta però interrogando sulla correttezza di tale abitudine.

La polemica è in particolare scoppiata sul web dopo la nascita di Leone Lucia, il figlio del rapper Fedez e della blogger Chiara Ferragni. I genitori hanno infatti, da subito, iniziato a pubblicare sui social network, come Facebook o Instagram, le foto del bambino.

Il fenomeno, così diffuso, che tanto sta facendo parlare il popolo di Internet è approdato anche nelle aule dei nostri Tribunali, chiamati a valutare l’opportunità di tali comportamenti e gli eventuali rischi e pregiudizi che possono da essi derivare al minore.

A tal proposito vengono in rilievo l’art. 10 c.c., che tutela il diritto all’immagine, in particolare l’abuso dell’immagine altrui, la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, che appresta a quest’ultimo tutela da interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nonché il nuovo Regolamento Europeo n. 679/2016, in materia di protezione dei dati personali, il cui art. 8 ricomprende nella definizione di dato personale l’immagine fotografica, affermando altresì che la sua diffusione integra un’interferenza nella vita privata.

Molti genitori si sono, quindi, rivolti all’Autorità Giudiziaria per ottenere, ai sensi dell’art. 10 c.c., una pronuncia di cessazione dell’abuso (cd. inibitoria), ritenendo che la pubblicazione delle immagini dei propri figli per opera dell’altro genitore costituisca pregiudizio al decoro o alla reputazione del minore.

I Tribunali hanno avuto così modo di precisare che, prescindendo dal consenso di entrambi i genitori, requisito comunque necessario alla legittima pubblicazione delle foto del figlio, l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce un intrinseco pericolo per il minore stesso (così ad esempio Tribunale di Mantova, decreto del 20/09/2017).

Ciò, invero, determinando la diffusione di immagini fra un numero non controllabile di persone, potrebbe esporre il bambino al rischio di contatto con soggetto malintenzionati o di quanti utilizzano le foto di minori reperite online per trarne materiale pedopornografico, mediante procedimenti di fotomontaggio, come più volte segnalato dagli organi di Polizia.

Il pericolo è intrinseco nella pubblicazione dell’immagine stessa e l’inibitoria e l’eventuale rimozione dei contenuti è da valutarsi a seconda del caso concreto.

Per non parlare della possibilità per il minore, in futuro, di promuovere un’azione di risarcimento del danno nei confronti dei genitori, tema di cui ci occuperemo nei prossimi approfondimenti.

Per approfondire il tema è consultabile sul sito la pagina dedicata ai Diritti dei minori.

Danno tanatologico: risarcibilità

Con la sentenza n. 4146/2019, la Cassazione si è pronunciata nuovamente sulla questione della risarcibilità del danno tanatologico. Con tale espressione ci si riferisce al danno di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. derivante dalla sofferenza patita dal soggetto prima della morte, a causa di un fatto illecito di un terzo.

Nel caso esaminato, gli eredi, rispettivamente genitori e fratello della vittima deceduta a seguito di un incidente stradale, richiedevano, tra l’altro, la condanna del responsabile civile e del suo assicuratore al risarcimento del danno biologico con invalidità permanente al 100%, essendo il congiunto deceduto all’incirca trenta minuti dopo il sinistro.

La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda, pur con motivazione in parte contraddittoria, ritenendo insufficiente il lasso di tempo di sopravvivenza ai fini del risarcimento del danno biologico iure hereditatis.
La Suprema Corte, mostrando di aderire e di voler dare continuità all’insegnamento offerto dalle Sezioni Unite del 2015 (Cass. S.U., sent. n. 15350/2015), afferma che “se la morte è immediata o segue alle lesioni entro brevissimo tempo, non sussiste diritto al risarcimento del danno ”.

Infatti, in un’ottica di responsabilità civile orientata al risarcimento del danno-conseguenza e non del mero danno-evento, è necessaria, secondo la giurisprudenza, la sopravvivenza del soggetto per un lasso di tempo apprezzabile, oppure che, pur intervenendo la morte dopo brevissimo tempo, la vittima rimanga cosciente e sia in grado di percepire la sofferenza e il patema d’animo derivanti dalla sensazione di morte imminente.

Soltanto in tali ipotesi può darsi corso al risarcimento del danno nei confronti degli eredi iure hereditatis, in quanto, in tali circostanze, il diritto entra a far parte del patrimonio del defunto prima che intervenga la morte, così da poter essere trasmetto agli eredi unitamente agli altri diritti.

Al contrario, in caso di morte immediata, la lesione si verifica nei confronti del bene “vita”, che è diritto autonomo rispetto al diritto alla salute, il quale è “fruibile solo dal suo titolare e non reintegrabile per equivalente”. La lesione del bene vita non rappresenta, quindi, la massima lesione del diritto alla salute, ma la lesione di un diverso diritto, la cui irrisarcibilità deriva dall’assenza, al momento del prodursi delle conseguenze dannose, di un soggetto nel cui patrimonio possano essere acquisiti i relativi diritti.

Nessun danno, pertanto, è risarcibile in re ipsa quale danno-evento indipendentemente dal prodursi delle conseguenze dannose ed indipendentemente dall’importanza dell’interesse leso, persino nel caso in cui si tratti del bene della vita. Con l’evento morte viene meno anche il titolare del diritto e con lui il suo patrimonio, con conseguente inidoneità dello stesso ad acquisire le conseguenze dannose dell’evento e trasferirle agli eredi.

Sulla scorta di tali motivazioni, “considerata la spiccata brevità del tempo intercorso tra la lesione e il decesso del motociclista – mezz’ora al massimo – e tenuto conto, per di più, della situazione di assoluta incoscienza in cui egli trascorse il suddetto ridottissimo spazio-temporale”, la Cassazione ha rigettato il ricorso, decretando, nel caso di specie, la non risarcibilità del danno tanatologico.

Per ulteriori approfondimenti in materia di risarcimento del danno è possibile consultare sul sito le aree tematiche dedicate ad Infortunistica stradale e Malasanità.